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“Startup di merda” di Mario Moroni, edito nel 2017 da La Memoria del Mondo Libreria Editrice, è arrivato da me in un momento molto particolare, che merita di essere spiegato: per lavoro, ricevo davvero i comunicati stampa più disparati. E tra questi, molti sono di persone (spesso giovani) che sperano di ritagliarsi un po’ di spazio sui giornali con la loro startup: robe tipo – per citare Moroni – redini per cavalli Bluetooth, app che permettono di ordinare il miele a domicilio facendolo consegnare direttamente dalle api, o ancora fotocopiatrici gratuite per universitari (che però sono collocate a 3 km dall’Università) e altre cose del tutto inutili e piene di falle che mi hanno fatto sempre seriamente guardare con diffidenza alla parola “startup”. E mi hanno fatto sempre anche venire voglia di cercarli, questi startupper, magari un anno dopo o anche meno, per chiedere (esordio-brillante-con-comunicato-stampa-e-foto-fighe a parte) come andava. Spariti.
C’è stato un periodo in cui – pur essendo titolare di una ditta individuale – alla parola “startup” rizzavo il pelo e facevo la gobba come i gatti, perché gli altri dicevano “startup” ma in realtà io sentivo “fuffa”. (Ovviamente, ça va sans dire, non è così per tutte).
Torniamo a bomba al presente: mentre ero impegnata a malignare con una persona su tutte queste imprese innovative che cercano di offrirti disperatamente cose di cui tu in realtà non hai alcun bisogno, mi volto (ero a “Tempo di Libri” a Milano) e… “Startup di merda” era lì, esposto, e mi guardava. Tu vedi la vita. Non ho potuto non comprarlo.
Ecco tre buoni motivi per leggerlo:
1 Non è un manuale per «diventare ricchi subito con la tua startup». Qui nessuno ti spiega cosa fare. Al massimo, riceviamo consigli su cosa non fare. E l’autore, con umiltà e spirito di servizio (chapeau, davvero), raccontando la sua storia spiega come, agli inizi, lui stesso avrebbe voluto ricevere qualche consiglio per rimanere con i piedi per terra.
2 È deliziosamente cinico. E senza peli sulla lingua. E divertente. E vero. Verissimo. Io penso che non mi arriverebbero tutti quei tragicomici comunicati stampa se gli autori avessero letto questo libro. E se avessero realizzato che prima di buttarsi in un’impresa bisogna avere le idee ben chiare su cosa si vuole proporre, avere obiettivi ed essere obiettivi, senza paura di essere un po’ avvocati del diavolo di se stessi: onestamente, la vostra idea interessa qualcuno che non sia solo vostra madre o il vostro migliore amico? È davvero innovativa, o è solo l’ennesima copia di servizi già esistenti e molto più affermati?
3 Finalmente, grazie a Dio, Giove e Visnù, c’è qualcuno che sfata il mito dei “garage”, di quelli che sono “partiti da zero” (magari però con una rete di contatti da far invidia a Briatore) e di quelli che mollano capra e cavoli per dedicarsi (solo) alla startup, che soprattutto all’inizio regalerà economicamente più dolori che gioie. E sì, anche di quelli che ti vendono tutti i migliori “segreti” per diventare ricchi subito.
Un’annotazione personale: se guardo alla mia piccola esperienza, posso dire alcune cose: la strada è lunga (ho detto lunga; levatevi dalla testa di poterci campare entro due settimane), incerta e difficile. Soprattutto se fate parte di quella fascia che sogna una vita tranquilla, in cui alle 17 si timbra e si stacca, aperitivo, e poi da venerdì sera weekendino fuori. Sia chiaro, non voglio spaventarvi: tutte queste cose le potrete fare. Non è una galera. Ma a differenza di chi alle 17 esce dall’ufficio, voi sarete quelli che alle 17 spesso tirerete il pacco perché avrete ancora da fare, e che il weekendino fuori lo ritaglierete faticosamente ma con gusto. Ma sarete anche quelli molto più liberi di gestirvi tempi (se non avete bisogno di scambi di telefonate o mail, nulla vi impedisce di lavorare di notte) e modalità per raggiungere i vostri obiettivi. C’è però un’avvertenza gigante: il lavoro che avete scelto di costruirvi vi deve piacere, tanto. Vi dovete divertire, tanto. Dovete essere pazzi (di quello che fate). Altrimenti diventa una galera per davvero.