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Durante le nostre ultime vacanze in Francia non ho saputo resistere e ho comprato l’ultimo libro di Amélie Nothomb, “Psychopompe” (Albin Michel, 2023), non ancora uscito in Italia (qui il titolo sarà “Psicopompo“). Ho studiato francese e lo leggo abbastanza agevolmente, poi conoscendo lo stile di quella che è una delle mie autrici preferite ho pensato che sarei stata in grado di leggerlo, aiutandomi con il dizionario nei casi più complicati.
L’ho dunque letto in anteprima, se così si può dire, sicuramente rispetto alla traduzione italiana. Questo mi ha permesso non solo di apprezzare a pieno la scrittura della Nothomb, leggendo le parole e le espressioni proprio come sono uscite dalla sua penna, avvicinandosi dunque un po’ di più all’autrice, ma anche di dire che le traduzioni italiane dei suoi libri sono davvero eccellenti, perché nell’autenticità del testo originale non ho trovato “sorprese”. Ho ritrovato l’Amélie Nothomb che ho letto e apprezzato tante volte.
Ecco dunque tre cose da sapere su quest’ultimo libro che arriverà in Italia a febbraio, edito come sempre da Voland:
1. Un’autobiografia “multiforme”
È un libro autobiografico “multiforme” perché affronta e amalgama tante tematiche: il fil rouge che ci accompagna nella lettura di tutto il libro è l’amore di Amélie Nothomb per gli uccelli, iniziando da quelli più rari, stravaganti e diversi che osservava nei trasferimenti quando era bambina per seguire il padre diplomatico (tanto che lei stessa la chiama “autobiografia aviaria“). Si passa poi al trauma della violenza subita da sconosciuti appena dodicenne in Bangladesh, all’anoressia conseguente, alla condizione di Psicopompo – l’entità che accompagna le anime dalla vita alla morte o viceversa – e infine al rapporto con la scrittura e con la morte del padre.
Direi che il libro si divide in un prima e un dopo: prima c’è il racconto degli stravaganti viaggi in posti assurdi che faceva da bambina, con la famiglia, e l’osservazione degli uccelli di ogni dove. Il rapporto con i genitori, con la sorella, con i luoghi in cui vive. Poi a stravolgere la sua vita è il trauma della violenza raccontata quasi in forma di metafora, forse meno cruda nella descrizione ma non per questo meno toccante. Un trauma seppellito troppo in fretta dalla famiglia.
Per usare i suoi stessi termini, il guscio dell’uovo di Amélie si era rotto, a lei non restava che imparare a diventare un uccello e a spiccare il volo da sola, in un percorso che sarebbe stato mostruosamente difficile e che è il tema della seconda parte del libro.
2. Tutto lo stile della Nothomb in uno dei suoi libri più intimi
È senza dubbio uno dei libri più intimi della scrittrice (già selezionato per il Prix Littéraire “Le Monde” 2023) che racconta nel suo riconoscibilissimo stile introspettivo e vivace, a volte anche ironico, un dramma che ha vissuto sulla propria pelle e che le ha cambiato l’esistenza avvicinandola alla morte.
3. Salvarsi con la scrittura
Com’è riuscita a salvarsi dall’abisso? È proprio grazie ai suoi amati uccelli che trova la forza di cercare le sue ali per tornare a vivere. Ovvero mettendosi a scrivere: così Amélie impara a volare con carta e penna, guardando oltre il trauma e accompagnandosi di nuovo alla vita. Sarà proprio questo rapporto particolare con vita e morte a permetterle di scrivere la storia della vita di suo padre, quando era mancato da poco, con il libro “Primo sangue”.